Piccolo vademecum per prepararsi alla mammografia

Abbiamo chiesto di stilarlo alle persone che ogni giorno eseguono questo esame fondamentale per la diagnosi precoce del cancro al seno. Ecco i loro consigli

Tiziana Moriconi

Dai 40-45 anni in poi, c’è un appuntamento che è spesso molto temuto dalle donne: quello con lamammografia. Non ce n’è: la paura che l’esame possa mostrare “qualcosa” che non va è forte, perché il tumore al seno colpisce un numero elevato di donne. Oltre 50 mila ogni anno in Italia. E sebbene si sappia che scoprire il nemico in fase iniziale significhi il più delle volte una prognosi favorevole, si sa anche che il cancro non è un raffreddore.

Un grande ruolo nell’aiutare le donne a vivere meglio la mammografia ce l’hanno i tecnici di radiologia, le persone che accolgono ogni donna e che eseguono l’esame. Abbiamo chiesto a Stella Pedilarco, coordinatrice tecnica della Radiologia Senologica della Clinica Mangiagalli di Milano, e a Stefano Pacifici, coordinatore del gruppo di studio Breast Imaging della Federazione Nazionale dei Collegi Professionali dei Tecnici di Radiologia Medica, cosa deve sapere una donna prima di sottoporsi all’esame e cosa può aspettarsi.

Niente creme, né deodoranti, né talco. Prima di tutto un’informazione pratica: è importante che le donne non applichino sul torace e sotto le ascelle creme, deodoranti, talco o altro cosmetico, perché queste sostanze possono confondere le immagini della mammografia. Ci si può truccare normalmente e anche mettere profumo, l’importante è tenere ben pulita la zona del seno e del cavo ascellare. I piercingsul capezzolo, invece, non devono necessariamente essere rimossi: sarà il tecnico a dire se è necessario toglierli o meno.

In caso di sospetto di gravidanza. Le donne incinte o anche solo con sospetto di gravidanza non possono essere sottoposte all’esame. In caso di dubbio, il tecnico chiederà di fissare un nuovo appuntamento durante il ciclo mestruale. Per le donne in età fertile si utilizza il grembiule che scherma le ovaie dalle radiazioni. Che in realtà non raggiungono la zona del pube – ci dicono gli esperti – ma è una accortezza in più che può rassicurare chi sta cercando di avere un bambino.

Primo: spiegare. Il tecnico ha il dovere di descrivere dettagliatamente come si svolgerà l’esame, di cercare un contatto empatico e richiederà la partecipazione della paziente: è dimostrato che questo non solo abbatte l’ansia delle donne, ma migliora anche la qualità della mammografia.

La questione del “dolore”. Quando si esegue la mammografia, il seno viene compresso all’interno di due lastre. Questo provoca un fastidio. “Un’alta percentuale di donne riferisce dolore e disagio che può minare la collaborazione nell’effettuare gli esami di screening e i controlli periodici”, dice Stella Pedilarco: “Ma il dolore non dipende soltanto dalla compressione della mammella: ci sono altri aspetti che vengono sottostimati. È dimostrato che l’entità del dolore può dipendere dallo stato psico-emotivo della paziente e dall’aspettativa stessa – o dalla memoria – del dolore. Un altro aspetto è l’attitudine del tecnico di radiologia e la sua capacità di ascolto e di comunicazione. Tutti questi fattori possono aumentare il rischio di far provare dolore. Lo stato psichico-emotivo può essere intaccato dall’ansia anticipata e da altri disagi. Nel primo caso accade che il livello d’ansia aumenta se si pensa a un’esperienza o situazione futura (‘e se l’esame fosse positivo?’), o quando la donna è preoccupata da un’esperienza che l’aveva spaventata in passato”.

Dolore psicologico o fisico? Anche il disagio psicologico è multifattoriale: “La reazione di attacco o fuga è una risposta fisiologica ancestrale che avviene alla percezione di un evento potenzialmente dannoso o di un attacco: dalla futura violazione prossemica (dello spazio personale, ndr.) dovuta alla all’ingresso del tecnico di radiologia nella zona intima di una donna, solitamente combinata con la violazione fisica delle manovre di posizionamento, che coinvolgono spalle, bacino e, ovviamente, il seno”, continua Stefano Pacifici.

“Dalla nostra esperienza abbiamo riscontrato che lo stesso risultato è raggiungibile fornendo alla donna la motivazione per cui durante la mammografia il seno deve essere compresso e dandole la possibilità di arrestare il progredire della forza di compressione, prima di avvertire la sensazione di dolore. Attualmente, dando alla donna l’opportunità di controllare la forza di compressione, è possibile diminuire della metà il rischio di provare dolore”, spiega ancora Pacifici: “Non lasciatevi ingannare: la stessa compressione non è il maggiore fattore di rischio nell’avvertire dolore. Un bravo Tecnico di radiologia non vi permetterà mai di mantenere una compressione troppo lieve, perché ciò potrebbe compromettere la qualità diagnostica del test. Una tolleranza superiore non è dovuta ad una minore compressione, piuttosto alla consapevolezza di essere in grado di poterla bloccare. Tuttavia, anche questa misura da sola non basta”.

Luce soffusa, musica e aromaterapia. “Il Tecnico non dovrebbe escludere un’attenta valutazione dello stato emotivo della donna o un’appropriata consulenza su quei fattori che possono interferirne con la collaborazione”, aggiunge Pedilarco: “Tra gli interventi suggeriti si include un’atmosfera amichevole ed un propensione compassionevole, empatica e solidale, incoraggiando la donna a sentirsi più a suo agio, distraendola dal dolore”. Alla Mangiagalli si è lavorato molto su questo aspetto. Lo scorso febbraio è stato persino inaugurato un “mini-club” gestito da volontarie: le mamme e le nonne che devono sottoporsi ai controlli del seno possono lasciare per qualche ora i bambini in un’area tutta dedicata a loro con personale esperto.

Il referto. “Molto importante – conclude Pedilarco – è poi informare la paziente su come riceverà il referto e, se sta effettuando la mammografia all’interno del programma regionale di screening, del fatto che potrebbe essere richiamata per un accertamento nei giorni successivi. Questo genera molta ansia, ma le donne devono sapere che le loro mammografie sono lette da due medici radiologi separatamente e che, se si viene richiamate, il più delle volte è solo per completare l’esame con l’ecografia o la tomosintesi”.

 

4 maggio 2017

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